Temporali di neve, un fenomeno piuttosto raro.

big_snow_maltempo-neve-300x225

I temporali invernali accompagnati da nevicate fin sulle pianure sono certamente uno dei fenomeni più suggestivi, nel canton Ticino accadde durante la serata del 19 febbraio 2006. In genere i temporali si formano quando l’aria al suolo riesce a scaldarsi a tal punto da produrre un moto ascendente (termica), la “bolla” d’aria calda salendo verso l’alto tende ad espandersi e a raffreddarsi di conseguenze in quanto la densità dell’aria diminuisce considerevolmente con l’altezze all’interno della troposfera, ossia fin verso i 12000 metri di altezza sopra le nostre medie latitudini.

In raffreddamento dell’aria favorisce la saturazione del vapore acqueo che si condensa in nubi a partire da una certa altezza: da ricordare infatti che il limite di saturazione del vapore acqueo lo si raggiunge quando il tasso di umidità relativa raggiunge il 100% che a sua volta è il risultato finale del rapporto tra la temperatura effettiva e la concentrazione del vapore acqueo presente nell’aria ad una certa altezza, questo determina il limite di saturazione del vapore acqueo quando condensa in nubi.

Tuttavia la condensazione del vapore acqueo in nubi sprigiona energia termica, nota anche come calore latante, il che tende a dar maggior vigore al moto ascendente preesistente favorendo di conseguenza la crescita verticale delle nubi, se come sovente accade in estate il riscaldamento al suolo risultava fin dall’inizio abbastanza forte, le nubi saranno in grado di crescere verticalmente fino agli strati superiori della troposfera, fino raggiungere la tropopausa.

Sopra i circa 13000 metri di quota prende inizio la stratosfera che resenta un gradiente termico verticale inverso a quello che si riscontra all’interno della troposfera, dunque la temperatura torna a salire con la quota, poichè l’ozono presente in questa porzione di atmosfera assorbe la radiazione UV solare in grado di far salire le temperature dai -54°C dei 13000 metri (dato medio) ai circa -5°C a circa 50 km di altezza (dato medio), motivo per il quale anche le nubi temporalesche note come Cumulonembis non crescono verticalmente oltre la tropopausa, ma bensì la nube tende ad appiattirsi alla sua sommità formando il classico incudine del Cumulonembo.

Tuttavia per valutare una situazione di stabilità, bisogna anche prendere in considerazione la temperatura della massa d’aria sovrastante, una situazione stabile e media la si riscontra quando la temperatura cala dfi 6,5°C ogni km di altezza, un minor raffreddamento della colonna d’aria con l’altezza corrisponde ad una situazione di stabilità atmosferica con condizioni anticicloniche o in presenza di un fronte caldo.

Viceversa un maggior raffreddamento dell’aria con l’altezza corrisponde ad una situazione di instabilità atmosferica poichè l’aria sottostante risulta molto più calda e dunque leggera rispetto a quella sovrastante, di conseguenza tende a risalire favorendo la formazione di nubi a sviluppo verticale che in situazioni con forti contrasti termici tra le basse quote e le quote superiori, possono dar vita a dei temporali.

Tali condizioni sono più tipicamente associate ai fronti freddi, ossia quando una massa d’aria fredda avanzando ripiazza una massa d’aria più calda preesistente al suolo inalzandola di conseguenza con forza, viceversa ai fronti caldi che sono prodotti da una massa d’aria calda che avanza sopra uno strato di aria più fredda presente al suolo.

In genere i temporali sono un fenomeno più tipico dei mesi estivi, poichè durante la fredda stagione con sole basso all’orizzonte e le giornate molto corte il terreno non può scaldarsi più di quel tanto, ragione per cui non si creano quasi mai le condizioni d’instabilità sufficienti per lo sviluppo dei temporali.

Vi è però un caso in cui l’instabilità dell’atmosfera può aumentare molto anche d’inverno: quando ad alta quota arriva aria molto, molto fredda, di solito direttamente dalle zone polari.

Anche in queste situazioni i temporali che ne risultano al Sud delle Alpi temporali sono perlopiù deboli, come appunto è stato il caso della serata di domenica 19 febbraio.

Si i temporali di neve sono un fenomeno piuttosto raro a Sud delle Alpi, deversamente è la situazione a Nord delle Alpi o nei paesi più Settentrionali.

In queste regioni risultano molto più frequenti le discese di aria fredda in quota e ne risultano maggiormente esposte trovandosi a Nord della catena Alpina, motivo per la quale in queste i temporali invernali si sviluppano con maggior frequenza.

La sera del 19 febbraio 2006 la perturbazione che attraversò le nostre regioni fu di tipo fronte freddo, alla quota dei 500 hPa (5500 metri di quota) la temperatura calò improvvisamente dai -25°C ai -30°C in breve tempo.

L’arrivo di aria così fredda produsse una destabilizzazione dell’atmosfera, la differenza di temperatura tra gli 850 hPa (1500 metri di quota) e i 500 hPa (5500 metri di quota) ha raggiunto valori di circa 30°C, un divario termico sufficiente allo sviluppo di moti convettivi con conseguenti temporali malgrado si misurarono 0°C sulle pianure del Sopraceneri.

Certamente una certa instabilità atmosferica permase anche i giorni seguenti, con conseguente sviluppo di brevi rovesci e temporali di neve durante le ore centrali della giornata.

In totale caddero circa 50 cm di neve fresca nella giornata del 19 febbraio 2006.

Tale fenomeno seguì le intense nevicate che tra il 27 e il 28 gennaio interessarono le regioni della Svizzera Italiana, in tale occasione le nevicate furono causate dalla presenza di un minimo depressionario in prossimità della Sardegna.

Dopo diverse giornate di tempo stabile caratterizzato da una robusta area di alta pressione sull’Europa Nord Orientale, dell’aria molto fredda affluì ripetutamente da Est negli strato bassi della troposfera.

La depressione che pose fine a tutta una serie di belle giornate sopraggiunse da Nord Est e con una traiettoria piuttosto anomala diretta verso Sud Ovest, raggiungendo la Francia ed il Mediterraneo Occidentale.

Con questo sviluppo dei centri di pressione, si formarono delle correnti da Sud-Sud Est cheiniziarono a far affluire dell’aria umida in direzione del versante Sud Alpino dove si svoluppò una situazione di sbarramento, mentre nel Nord Ovest dell’Italia si crearono le cosidette aree di resistenza, ossia “cuscinetti” di aria molto fredda nei bassi strati in seguito alle affluenze fredde da Est in gardo di far scendere il limite delle nevicate a basse quote o fin sulle pianure.

Le prime nevicate iniziarono nel corso di Giovedi 27 gennaio nel Sottoceneri, data l’aria molto fredda presente, la neve si presentò leggera e piuttosto polverosa anche in pianura, in seguito se assistette ad un aumento dell’intensità delle nevicate nella notte su Venerdi 28 gennaio.

Le nevicate proseguirono coppiose e abbondanti fino alla notte su Sabato 29 gennaio, prima di cessare definitivamente sabato mattina.

Tuttavia n seguito le precipitazioni ripresero già dopo alcune ore anche se con minor intensità, malgrado si assistette ad un inalzamento del limite inferiore delle nevicate fin verso 1500 metri.

In totale caddero fin sulle pianure 95 cm di neve fresca nel Sottoceneri, mentro nel Sopraceneri i quantitativi furono leggermente più modesti con circa 75 cm di neve fresca.

Un evento paragonabile a quello del 1985 quando si misurarono ben 80 cm di neve in pianura.

Immagini tratte da: Meteosvizzera.

Flavio Scolari

Lascia un Commento