Teoria delle pulsazioni

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Vediamo in concreto come è possibile che una stella pulsi per migliaia di anni, sempre con la stessa ampiezza. Immaginiamo una stella inizialmente in equilibrio idrostatico e comprimiamone la superficie : al suo interno aumenterà la pressione, la temperatura e quindi il numero di reazioni nucleari. L’energia che si sprigiona, oltre all’aumentata pressione del gas, tenderà ad arrestare la compressione ed a far dilatare gli strati esterni, dilatazione che, per inerzia, proseguirà oltre la posizione di equilibrio.

Dilatandosi la stella, diminuiranno le reazioni nucleari al suo interno, per cui ad un certo istante le forze gravitazionali prevarranno sulle forze di espansione e la dilatazione si arresterà, la stella tornerà a contrarsi ed inizierà un nuovo ciclo.

La stella quindi oscillerà periodicamente con un’ampiezza ed un periodo che dipendono dalle configurazioni geometriche e fisiche della stella (l’entità dell’oscillazione nell’animazione è volutamente esagerata per chiarezza).
Questa pulsazione però, a causa degli inevitabili attriti interni, tenderà ad arrestarsi (come un oscillatore armonico smorzato), a meno che non esista un meccanismo che fornisca, per ogni ciclo, la spinta sufficiente a vincere gli attriti interni (proprio come un’altalena).

Già negli anni ’20 S.A. Eddington, cercò di elaborare un sistema che descrivesse questo meccanismo, ma i progressi maggiori sono stati fatti da S.A. Zhevakin, J.P.Cox e R.F.Christy sviluppando innumerevoli modelli con l’aiuto del calcolatore. Il meccanismo è relativamente semplice e, come come giustamente intuito da Eddington, deve svilupparsi sotto gli strati superficiali delle stelle.

Questo, similmente ad una valvola, impedisce l’uscita dell’energia nella fase di contrazione (quando aumenta la temperatura), per rilasciarla in fase di espansione, fornendo così la spinta necessaria a completare il ciclo. Se questo meccanismo è ben bilanciato, l’astro continuerà a pulsare per lunghissimo tempo.

Dalle misure osservative risulta che la parte (superficiale) della stella coinvolta nelle pulsazioni copre una regione di circa il 10-15 per cento del raggio cioè circa 1/1000. Questi strati superficiali che partecipano alla pulsazione si possono dividere in tre parti:

Parte superficiale: più o meno profonda, costituita da idrogeno ionizzato.
Zona sottostante: di elio ionizzato una volta, dove si manifesta il meccanismo a valvola.
Strato interno, più denso, in cui si smorzano le pulsazioni.
Vediamo ora come funziona questo meccanismo a valvola :

Tre effetti contribuiscono ad eccitare la pulsazione:

Effetto gamma.
Questo effetto ha luogo nello strato di elio parzialmente ionizzato. La contrazione libera energia che, invece di riscaldare lo strato, va spesa per ionizzare ulteriormente l’elio; quindi la temperatura diminuisce e lo strato diventa sempre più freddo di quelli adiacenti (dove per la contrazione, la temperatura è aumentata), per cui deve riassorbire energia.
Durante la successiva espansione, l’elio si ricombina liberando l’energia che aiuta lo strato a vincere gli attriti interni.

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Effetto kappa.
Se nello strato ci fosse gas normale, il coefficiente di assorbimento dell’energia da parte del gas stesso (valore dato da una formula nota come espressione di Kramer):

diminuirebbe se la temperatura aumentasse per la contrazione. L’energia prodotta verrebbe quindi dissipata più facilmente.
L’elio invece, fornisce al gas una grande quantità di elettroni che possono assorbire questa energia, senza dissiparla, per poi usarla nella successiva espansione. La presenza degli elettroni aumenta quindi l’opacità del gas.

Effetto raggio.
Un ulteriore apporto di energia all’elio da ionizzare, in fase di contrazione, si ha dal fatto che questo strato arrivando più vicino al centro della stella subisce un’ulteriore aumento della temperatura, cioè altra energia da liberare in fase di espansione. Data però la piccola ampiezza della pulsazione, questo terzo effetto contribuisce in maniera trascurabile.
Il meccanismo a valvola è dovuto alla somma di questi tre effetti.

Lo strato di elio in cui ha luogo questo meccanismo, però deve essere ad una profondità ben stabilita; se si trovasse più in profondità, le pulsazioni (che hanno luogo nelle parti superficiali della stella) sarebbero smorzate in tale strato, per poter dare luogo all’effetto valvola.

Viceversa se fosse troppo in superficie, la sua densità sarebbe così bassa da non consentire un’efficace oscillazione. Per cui se lo strato di elio deve avere determinate caratteristiche perchè abbia luogo la pulsazione, ne deriva che quest’ultima può avvenire soltanto in una particolare zona del diagramma H-R (la zona cioè dove l’astro possiede una determinata configurazione fisica).

Infatti se l’astro è troppo caldo, lo strato deve trovarsi troppo vicini alla superficie, se è troppo freddo, deve essere più in profondità.
Questa zona del diagramma H-R dove ha luogo la pulsazione è detta fascia di instabilità delle Cefeidi, ed è stata determinata sviluppando al calcolatore vari modelli di queste stelle, basandosi su dati osservativi.

Questa fascia, come si vede dalla figura a sinistra, attraversa il diagramma H-R partendo dalla zona delle supergiganti, fino alla zona principale.

Tutte le stelle che nel loro ciclo evolutivo attraversano questa fascia, sono costrette a pulsare, ipotesi questa, confermata dalle osservazioni.

Un fenomeno che si osserva durante la pulsazione è il phase lag o ritardo di fase. Si nota cioè che le variazioni di luminosità della stella sono in ritardo di circa 1/4 di periodo rispetto alla variazione del raggio:

Questo significa che la stella non è più luminosa quando è più grande e viceversa.
Una spiegazione di questo fenomeno potrebbe essere che durante la pulsazione i vari strati della stella non sono rigidamente collegati tra loro.

Così quando l’espansione cessa e la stella comincia a contrarsi, gli strati esterni proseguono nella loro corsa per inerzia, fermandosi in realtà solo quando la contrazione è già in stato avanzato. Per cui si crea un ritardo tra il massimo di luminosità ed il massimo delle dimensioni raggiunte dalla stella.

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Notizie dal cosmo


HST scopre una delle più piccole stelle dell’universo
Questa immagine HST risolve, per la prima volta, una delle più piccole stelle della nostra Via Lattea. Chiamata Gliese 623b (Gl623b), la minuscola stella ha una massa dieci volte inferiore a quella del Sole e 60.000 volte meno luminosa (se si trovasse alla stessa distanza del Sole ci apparirebbe con una luminosità appena otto volte quella della Luna piena).Situata a 25 anni luce da noi in direzione della costellazione di Ercole, Gl623b è la componente minore di un sistema doppio dove la separazione tra i due membri è solo due volte la distanza tra la Terra e il Sole (circa 300 milioni di chilometri). La stella minore compie un’orbita attorno alla sua compagna maggiore ogni quattro ore.

Gl623b è stata scoperta con metodi indiretti, da osservazioni astrometriche che misurano le deviazioni nel moto della stella principale dovute all’attrazione gravitazionale della sua compagna invisibile.

La stella secondaria è troppo piccola e troppo vicina alla primaria per essere distinta dai telescopi con base a terra. Il potere risolutivo dell’Hubble è abbastanza grande da separare le due stelle.

Le nuove osservazioni consentiranno agli astronomi di misurare la magnitudine assoluta e la massa di Gl623b. Questo condurrà ad una migliore comprensione sulla formazione e sull’evoluzione delle più piccole stelle attualmente conosciute. Una volta si pensava che le stelle nane rosse fossero le più abbondanti nella Via Lattea: questo fatto rappresentava una soluzione possibile al mistero della “materia oscura” della nostra Galassia. Comunque le recenti osservazioni con il telescopio spaziale Hubble suggeriscono che queste stelle di piccola massa sono sorprendentemente rare.

La vita di una stella
Nel corso della sua esistenza, le stelle combattono una drammatica battaglia contro la forza di gravità. Questa forza tenta di collassare la stella spingendo i suoi strati esterni verso il centro. Ma la stella reagisce rilasciando energia nucleare che viene alimentata da un ricco rifornimento di idrogeno. Alla fine, normalmente dopo qualche miliardo di anni, le stelle consumano il loro carburante nucleare e la battaglia si conclude. Alcune stelle anziane muoiono tranquillamente mentre altre soffrono una morte violenta. Le modalità dipendono dalla loro massa. Le stelle che hanno all’incirca la stessa massa del Sole diventano nane bianche che brillano ancora per molto tempo a causa del calore residuo. Le stelle con massa dieci volte quella solare esplodono con particolare violenza e spesso formano stelle a neutroni. Gli scienziati pensano che la Nebulosa Granchio sia un caso di questi.

Il collasso di una stella
Una volta esaurito il carburante, la gravità prende il sopravvento e la stella collassa senza trovare resistenze. Normalmente una stella troverà altre sorgenti di combustibile come l’Elio, il Carbonio, l’Ossigeno e l’Azoto, ma questi offrono soltanto una breve sospensione della condanna. Alla fine la densità al centro della stella raggiunge livelli così alti che la stella non può collassare ulteriormente. L’intera pressione dovuta al collasso viene “immagazzinata” e pronta all’uso. Alla fine le condizioni diventano così estreme al centro della stella che tutta la pressione immagazzinata da anni di collasso viene rilasciata in un’unica luminosissima esplosione: una nova o una supernova a seconda della massa della stella. L’esplosione spinge via gli strati più esterni e comprime ancora di più il suo nucleo.

Durante un’esplosione di supernova (come è avvenuta nella Nebulosa Granchio) la stella emette più energia di quella emessa da una intera galassia formata di 100 miliardi di stelle. Gli strati esterni eiettati creano un guscio in espansione di polveri e di gas che vanno a formare i residui della supernova.

La nascita di una stella a neutroni
Oltre ai frammenti interstellari, l’esplosione di supernova lascia come eredità anche un nucleo collassato formato da neutroni, creati dalla compressione di elettroni e protoni. L’oggetto, chiamato stella a neutroni, con un diametro di circa 18 km, possiede una massa maggiore di quella del Sole e una densità tale che la quantità di materia contenuta in un cucchiaino da tè peserebbe miliardi di tonnellate. A causa delle sue piccole dimensioni e della sua alta densità, la stella a neutroni possiede un campo gravitazionale 300.000 volte più potente di quello della Terra. Anche la sua velocità di rotazione cresce drammaticamente durante il collasso. Tutti i corpi celesti ruotano ma la stella neutroni ruota molto rapidamente. La stella a neutroni della Nebulosa Granchio compie 30 giri ogni secondo alla velocità di 6 milioni di chilometri al secondo. E’ l’unico tipo di stella che può ruotare a questa velocità senza andare in frantumi.

La formazione delle pulsar
Alcune stelle a neutroni, come quella del Granchio, emettono radio onde, luce e altre forme di radiazione che si accendono e si spengono a intermittenza come un faro. Sono chiamate per questo pulsar ma in realtà non è vero che accendono e spengono le loro radio onde: questo è solo ciò che sembra ad un osservatore da terra a causa della loro rotazione. Gli astronomi rilevano il segnale soltanto quando il raggio della pulsar investe la Terra.

Le pulsar possiedono un potente campo magnetico che intrappola e accelera le particelle cariche sparandole poi attraverso lo spazio come onde radio.

La rapida rotazione le trasforma in generatori di energia elettrica, capaci di accelerare le particelle cariche ad un’energia di milioni di volt. La pulsar Granchio, la più giovane ed energica che si conosca, produce tanta energia da caricare la nebulosa ed espanderla. La vera differenza tra una stella a neutroni e una pulsar è che la pulsar ha un campo magnetico non allineato all’asse di rotazione ma spostato di 30 gradi rispetto ai poli di rotazione.

L’energia di una pulsar produce luce ed espande la nebulosa che la circonda. Questo effetto sottrae energia alla rotazione e così essa rallenta nel corso del tempo. Questo rallentamento nel moto di rotazione è comunque molto piccolo: una pulsar dimezza la sua velocità in circa 10.000 anni. Con il passare del tempo le pulsazioni del Granchio diventeranno sempre meno intense e anche l’emissione di raggi X alla fine si estinguerà. La stessa nebulosa sparirà nel giro di poche migliaia di anni. Alla fine rimarrà soltanto una pulsazione di onde radio con un periodo di pochi secondi.

Scoperte per la prima volta nel 1967 le pulsar furono soprannominate dagli scienziati con la sigla LGM (Little Green Man, Ometto verde) perché il loro segnale era così regolare che sembrava essere prodotto da una vita intelligente. Gli scienziati possono ora predire il verificarsi di una singola pulsazione a distanza di un anno con la precisione di un millesimo di secondo. Sono state catalogate più di 300 pulsar ma soltanto due di esse, Granchio e Vela, emettono anche una pulsazione visibile. La Pulsar Granchio emette radiazioni sull’intero spettro, inclusi i raggi gamma e X.

Giannipera.it

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