Scale temporali delle variazioni climatiche

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Il clima è un complesso meccanismo in continua evoluzione, la storia climatica della terra, formatasi come tutti i pianeti del sistema solare circa 4,57 miliardi di anni or sono, ha conosciuto importanti variazioni climatiche che si manifestarono su diverse scale temporali. All’interno di grosse variazioni climatiche che si manifestano nell’arco di milioni di anni, si riscontra una moltitudine di variazioni cicliche più piccole che si manifestano in tempi minori, ma andando con ordine di grandezza temporale, quelli sottoscritti sono i fattori che hanno inizialmente permesso condizioni ideali allo sviluppo della vita sulla terra circa 3,5 miliardi di anni fa.

I fattori principali che consentono ad un pianeta la nascita della vita sono i seguenti:
-La grandezza e la temperatura della stella posta al centro del sistema solare.
-Le distanze che un pianeta ha dalla stella.
-La composizione chimica dell’atmosfera planetaria.
-Ne consegue che anche l’aspetto geologico (attività vulcanica) di un pianeta assuma un’importanza fondamentale.

-La presenza di una magnetosfera.

-Le dimensioni del pianeta, per la forza di gravità esercitata dallo stesso.
Dalla seguente immagine possiamo notare come i primi 2 punti possano essere strettamente associabili l’uno all’altro, lo schema illustra il rapporto tra la grandezza di una stella e la distanza che un pianeta deve avere da essa per poter presentare le condizioni ideali allo sviluppo di complesse forme di vita.

 

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In pratica se il sole fosse leggermente più freddo di come si presenta oggi, il pianeta più propenso ad ospitare forme di vita complesse sarebbe Venere, mentre se il sole fosse più caldo, il più ideale potrebbe diventare Marte.

Infatti si ipotizza che il sole quando si svilupparono le prime forme di vita sulla Terra fosse più freddo rispetto ad oggi, avendo una luminosità più ridotta del 30%, il fatto che la Terra e a quei tempi anche Marte abbiano presentato presto le condizioni ideali allo sviluppo della vita fu indotto dal fatto che l’atmosfera dei due pianeti presentava caratteristiche simili a quelle che oggi si riscontrano sul pianeta Venere grazie ad una maggior attività vulcanica in grado di emettere grosse quantità di gas serra.

L’elevata presenza di CO2 nell’atmosfera primordiale creava un potente effetto serra, che compensava la mancanza di calore che dal sole giungeva a Terra, consentendo in tal modo lo sviluppo di ambienti molto caldi e umidi.

Venere che invece inizialmente presentò un’attività vulcanica più contenuta e dunque una minor concentrazione di gas serra, come pure il fatto che si trovò a quella distanza allora ideale dal sole, presentò anch’esso condizioni ideali alla vita, infatti si ipotizza che fino a circa 1,5 milioni di anni fa la superficie e l’ambiente di Venere potesse presentarsi simile a quello che oggi si riscontra sulla Terra, una fase che tuttavia durò troppo poco per consentire lo sviluppo di vita intelligente.

Oggi Venere si presenta un luogo infernale, sulla sua superficie grava un’atmosfera 90 volte più densa di quella terrestre perlopiù composta da CO2 (98%) in grado di creare un potente effetto serra.

Le temperature superficiali sono comprese tra i +460 e i +480°C uniformi su tutto il pianeta.

Marte invece oggi presenta un’atmosfera molto più rarefatta di quanto fosse un tempo, poichè le ridotte dimensioni del pianeta e dunque la minor forza gravitazionale esercitata sull’atmosfera, ne consentì una parziale dispersione nello spazio non appena cessò l’attività vulcanica.

Tale introduzione serve a rendere l’attenzione su quei fattori che ancora oggi rendono il nostra Terra un pianeta ospitale e favorevole allo sviluppo di coplesse e grandi forme viventi di qui facciamo parte anche noi.

Le ere glaciali e interglazioni:

Le ere interglaciali hanno una durata circa di 20000 milioni di anni, il clima sulla terra si presenta molto più caldo di quello attuale con temperature marine che si ipotizza possano aver raggiunto durante queste fasi i +35°C, i poli si presentano con un clima generalmente mite (simile a quello che oggigiorno si riscontra alle nostre medie latitudini) e in genere sono liberi dai ghiacci, mentre anche alle nostre latitudini si presenta un clima tipicamente tropicale.

 

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Tuttavia anche all’interno di un era interglaciale si possono distinguere periodi relativamente freschi e si ipotizza che in alcune fasi le calotte polari abbiano avuto un estensione pari al 60% rispetto ad oggi.

Da ciò possiamo dedurna che anche all’interno di grosse fasi climatiche calde vi furono variazioni termiche che si manifestarono su scale temporali più piccole.

Le ere glaciali hanno un durata di circa 150000 anni, in queste fasi i poli sono quasi sempre coperti dalle calotte polari, mentre alle nostre medie latitudini si hanno brevi fasi di clima temperato alternate a lunghe fasi di clima glaciale.

Attualmente ci troviamo al’interno di un’era glaciale da appena 2,5 milioni di anni, in un periodo interglaciale da circa 10700 anni fa (quando terminò l’ultima glaciazione).

 

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Ma cosa scandisce le glaciazioni dai periodi interglaciali all’interno di un’eraglaciale?

Vi sono periodi nel quale le estati sono moto calde, mentre gli inverni molto freddi.
In queste condizioni le nevi che si accumulano durante i freddi inverni, sciolgono durante le calde estati, ed il ciclo delle nevi rincomincia da capo.
Ciò non consente insomma l’accumulo di nevi perenni (periodo interglaciale).
Viceversa, vi sono periodi dove inverni tendenzialmente più miti consentono l’accummulo di abbondanti nevicate, ed estati fresche che ne consentono l’accumulo anno dopo anni, con nevi perenni che in queste condizioni possono accumularsi anche durante le fresche estati (era glaciale).

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Tutto questo meccanismo è regolato inanzitutto da fattori astronomici:
Precessione degli equinozi: l’asse di rotazione terrestre ha un’inclinazione variabile, ma che ruota lentamente lungo l’asse dell’elittica, descrivendo un doppio cono e compiendo un giro ogni 25765 anni (52″ all’anno).
Questo moto è chiamato precessione degli equinozi ed è dovuto alla forza di marea esercitata dalla Luna e dal Sole.
Oggi il punto più vicino al sole dell’orbita terrestre cade durante il sostizio d’inverno nell’emisfero boreale, tra circa 13000 anni invece il punto più vicino al sole cadrà nel sostizio d’estate, sempre nel nostro emisfero.
La precessione degli equinozi, porterà inoltre, sempre tra 13000 anni, ad essere la stella Vega la stella che segna il NORD, mentre tra 25765 anni ritornerà la stella polare quale indicatrice del NORD della volta celeste.

Da ciò sembra chiaro che nel nostro emisfero, una sistuazione come quella che si riscontra oggigiorno, dovrebbe favorire una nuova glaciazione, se ciò non avviene è semplicemente perchè non si tratta dell’unico fattore essenziale a dar luogo ad una glaciazione.

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Variazioni dell’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre: l’asse terrestre è inclinato rispetto alla perpendicolare al piano dell’eclittica, questa inclinazione, combinata con la rivoluzione della Terra intorno al Sole, è causa delle stagioni.
L’entità dell’inclinazione varia ciclicamente tra circa 22,1° e circa 24,5° con un periodo di 41000 anni, attualmente è di 23°27′.
Un inclinazione minima, favorisce una glacizione, poichè tende a diminuire l’entità delle stagioni: inverni più miti ed estati più fresche.

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Eccentricità dell’orbita terrestre: l’orbita terrestre è un’ellisse.
L’eccentricità orbitale è una misura del discostamento della forma ellittica dell’orbita dalla figura della circonferenza.
La forma dell’orbita terrestre varia da quasi circolare (bassa eccentricità: 0,005) a discretamente ellittica (alta eccentricità: 0,05) ed ha un’eccentricità media di 0,028.
Il tutto avviene con un’andamento ciclico di 100 000 anni, l’eccentricità attuale è 0,017.
Con l’eccentricità attuale, la differenza tra le distanze Terra-Sole che si hanno al perielio (il punto dell’orbita più vicino al sole) e all’afelio (il punto dell’orbita più lontano dal sole) è del 3,4% (5,1 milioni di chilometri), questa differenza causa un aumento del 6,8% nella radiazione solare che raggiunge la Terra.
Attualmente, il perielio avviene intorno al 3 gennaio, mentre l’afelio intorno al 4 luglio, quando l’orbita ha la massima eccentricità, la quantità di radiazione solare al perielio è circa il 23% maggiore rispetto all’afelio.
La differenza è pari a circa 4 volte il valore dell’eccentricità.
Tutto ciò sarebbe più direttamente associato alla forza gravitazionale indotta, dai pianeti gassosi “giganti” (Giove, Saturno, Urano, Nettuno) posti esternamente rispetto alla terra all’interno del sistema solare.
La loro forza gravitazionale (molto maggiore rispetto a quela terrestre) agirebbe proprio sull’orbita terrestre, aumentendone l’eccentricità (rendendola più ovele).
Con un orbita poco eccentrica, si favorisce anche in questo caso una glaciazione, poichè la distanza della terra dal sole diviene più uniforme nell’arco di un’anno, diminuendo in tel modo l’entità delle stagioni.

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Le glaciazioni sono favorite dalla combinazione di questi tre fattori principalmente (cicli di Milankovitch), ed è stato calcolato che all’interno di un’era glaciale, dalla durata di circa 150 milioni di anni, si ha una grande glaciazione ogni circa 100000 anni.
Una gaciazione dalla durata di 85/92 mila anni, è altermata da un periodo interglaciale di 15/9 mila anni.
Nulla infatti esclude che in un prossimo futuro possa riprendere una nuova glaciazione, ma questo nessuno ancora può saperlo con assoluta esatezza.

I fattori scatenanti di una glaciazioni:

È risaputo che variazioni climatiche possono avvenire con una certa rapidità e improvvisamente, cosa che non coincide osservando le variazioni orbitali del nostro pianeta in corrispondenza del sole.
Se si prende in cosiderazione solo le variazioni dei parametri orbitali della terra una variazione climatica dovrebbe avvenire in maniera molto più graduale rispetto a quanto avvene realmente, ecco perchè tali oscillazioni non possono essere la causa scatenante di un’improvvisa variazione climatica.
Inoltre in un periodo compreso tra i 3 e l’ultimo milione di anni, le glaciazioni coincidevano molto di più con le variazioni cicliche dell’inclinazione assiale, mentre nell’ultimo milione di anni le glaciazioni coincidevano molto meglio con le variazioni cicliche dell’eccentricità del’orbita terrestre, dunque risulta difficile definire quale parametro possa risultare il più determinante.
Tuttavia la terra è fortemente sensibile alle piccolissime variazioni di insolazione che giungono tra le differenti latitudini.
Dunque variazioni dei parametri orbitali terrestri potrebbero giocare un ruolo molto importante sul clima poichè definirebbero delle condizioni basilari favorevoli ad un innesco di una variazione climatica, mentre i fattori determinanti sarebbero da ricercare in tutti quei fattori interni.
Secondo alcune teorie attualmente vi sono condizioni favorevoli (precessione degli equinozi, eccentricità dell’orbita terrestre e inclinazione assiale: oggi a 23°,27″) all’innesco di una nuova glaciazione, che potrebbe essere iniziata già da tempo se si osservano i principali paramentri orbitali del nostro pianeta, se però ciò non è avvenuto è perchè mancano altri elementi, forse i più determinanti.

Come fattori interni si distinguono:

-Le correnti oceaniche, che in passato potrebbero aver subito profonde alterazioni dalla deriva dei continenti.

Gli oceani possono generalmente contenere fino a 100 volte più calore rispetto ai continenti che ne assorbono in maggior quantitâ, ma lo rilasciano con altrettanta facilità, l’eccesso di calore accumulato alle basse latitudini, viene trasportato verso i poli per mezzo delle correnti oceaniche proprio come fa l’atmosfera per mezzo dei venti, infatti la circolazione oceanica e la circolazione atmosferica sono 2 fattori strettamente connessi.

 

L’Europa stessa gode di un clima molto più mite rispetto ad altre regioni poste alle stesse latitudini, grazie alle correnti del Golfo, ma se queste dovessero diminuire d’intensità o addirittura fermarsi il nostro continente potrebbe conoscere un improvviso e marcato raffreddamento del clima.

Infatti l’acqua calda e salata che dal Golfo del Messico si sposta verso il Nord Europa (deviato dalla forza di Coriolin come avviene per i venti) cede parte del calore all’aria sovrastante raffreddandosi di conseguenze fino a divenire abbastanza densa e pesante (non perdendo il suo elevato tasso di salinità) da “sprofondare” nei fondali e ridiscendere verso le basse latitudini in profondità.

Il vuoto prodotto dalla discendenza dell’acqua alle alte latitudini produce un richiamo di altra acqua calda da Sud mantenendo attivo il nastro trasportatore, tuttavia lo scioglimento delle calotte polari innescato da un aumento delle temperature globali, produce un maggior afflusso di acque dolci che si miscelano con le acque ricche di sale dell’oceano.

Il fatto che l’acqua dolce anche se fredda si presenta più leggera rispetto all’acqua fredda salata, riversandosi nel Nord Atlantico in grande quantità può rompere quell’equilibrio che mantiene attiva la circolazione dell’Oceano alle alte latitudini fino ad impedire lo sprofondamento delle correnti fredde sui fondali.

Questo produrrebbe un sensibile raffreddamento climatico in Europa la qui entità dipenderebbe molto dall’entità e dalla durata del rallentamento o del blocco della nastro trasportatore.

Un alterazione della corrente del Golfo può durare anche decenni e qualora si avessero le condizioni favorevoli potrebbe potenialmente innescare una glaciazione vera e propria.

-Grosse eruzioni vulcaniche: sono fattori più casuali e improvvisi che possono influenzare profondamente il clima terrestre anche se per periodi piuttosto brevi.

Gli effetti primari del fenomeno possono essere quello di inalzare immense quantità di polveri e ceneri fino alla stratosfera, ciò favorisce una maggiore condensazione del vapore acqueo con conseguente aumento delle precipitazioni e non da meno rilevanza il fatto che le polveri che possono restare sospese per anni, filtrano l’irradiamento solare favorendo così un raffreddamento del clima.

-Impatto cometale: anch’esso è un violento fenomeno piuttosto improvviso, anche in tal caso il sollevamento di grosse nubi di polvere tendono a schermare per un certo periodo i raggi solari, favorendo così un raffreddamento climatico.

-Attività solare: il vento solare si espande nello spazio inter planetario a velocità comprese tra i 300 e gli 800 km/s (a seconda dell’attività) fino ai confini del sistema solare, forma quella che è definita la Heliosfera.
La Heliosfera è quella che devia gran parte delle particelle associate al mezzo interstellare ai confini del sistema solare e a seconda della dua intensità ne permetterà solo un minimo afflusso in grado di raggiungere la terra.
Il mezzo interstellare si sposta a velocità che possono raggiungere i 3000 km/s, creando ai confini del sistema solare un’area elettricamente turbolenta, poichè qui il vento solare oramai rallentato, entra in contrasto con il mezzo interstellare, si tratta di un’area che può presentarsi come un grande ostacolo per qualunque sonda che venga lanciata al di fuori del nostro sistema solare.
Durante le fasi di debole attività solare, la eliosfera di conseguenza tende ad indebolirsi, frenando meno i raggi cosmici ai confini del sistema solare.
In questo modo la quantità di raggi cosmici che riescono a raggiungere la terra aumenta del circa il 20-30%, che proprio per le loro proprietà elettriche contribuiscono quali nuclei di condensazione del vapore acqueo, favorendo un aumento della nuvolosità del circa il 5% su scala globale e di conseguenza della precipitazioni a livello globale.
Il genere di nuolosità che tende ad aumentare e quello di tipo stratocumuliforme, dunque visibile dal satellite sopratutto nel vsibile, un genere di nuvolosità che non comporta molte precipitazioni, ma che possono ricoprire vaste aree.
Tutto questo favorisce una diminuzione della temperatura a livello globale, poichè i raggi solare incidenti del sole venfono maggiormente irradiati venso lo spazio da vasti banchi nuvolosi.
Durante le fasi di forte attività solare invece, la Heliosfera tende ad intensificarsi, deviando maggiormente il mezzo interstellare, ai confini del sistema solare.
Dunque si riduce quella nuvolosità di tipo stratocumuliforme che ricopre vaste aree marittime, ciò oltre a favorire una lieve diminuzione delle precipitazioni, favorisce pure un aumento delle temperature a livello globale.
Il tipo di nuvolosità preso in questione è prevalentemente quello stratocumuliforme che ricopre vastissime aree sopratutto sopra gli oceani, presentandosi come nuvolosità cellulare o a scacchiera, sopratutto in presenza di fresche correnti marittime.
Sono le classiche nubi a pecorella che contrariamente a ciò che dice il detto: non porta solo pioggia a catinelle, infatti questo genere di nuvolosità può essere associata anche a situazione di stabilità atmosferca.
Assieme agli STRATUS, li STRATOCUMULUS sono certamente il tipo di nuvolosità più diffuso al mondo, interessando tutte le latitudini indipendentemente dalla stagione (nel caso degli STRATUS, sono più diffusi durante i medi invernali alle medie-alte latitudini).
Gli STRATOCUMULUS, sono strati nuvolosi che comprendono quote comprese generalmente dai 1000 metri ai 2500 metri circa, presentandosi anche come nebbia alta in presenza di montagna.
La nebbia al suolo invece è il risultato degli STRATI, che comprendono quote comprese tra il suolo e i 2000 metri di quota.
Entrambi i generi nuvolosi sono classificati come nuvolosità di bassa quota, dunque non rilevabili dalle immagini satellitari effettuate all’infrarosso, mentre per quelle effettuate nel visibili, questo tipo di nuvolosità appare molto evidente.
Ebbene è proprio la nuvolositâ di tipo stratocumuliforme ad avere un ruolo più fondamentale a livello cliamatico globale, poichè questa copertura nuvolosa che ricopre sopratutto gli oceani, può aumentare o diminuire a seconda dell’attività solare, regolando di conseguenza l’andamento termico globale.
Da sottolineare comunque il fatto che queste nubi non portano precipitazioni consistenti, ma però hanno un alto potere riflettente nei confronti della luce solare che raggiunge in minor misura la superficie terrestre.
Tutto il discorso infine va a parare sugli indici climatici, ne vengono regolati direttamente o indirettamente che sia, da questo processo.
Dunque che dire…le nubi controllano l’ndamento termico globale (regolando direttamente o indirettamente gli indici climatici), la copertura nuvolosa viene regolata dai raggi cosmici, mentre l’afflusso di raggi cosmici che raggiungono la terra viene regolata dall’attività solare.

Ma il sole può influenzare l’andamento dei venti per mezzo dell’ozonosfera.

Oggi sappiamo che la stratosfera terrestre contiene una concentrazione relativamente alta di ozono, un gas costituito da tre atomi di ossigeno (O3) e che rappresenta un vero e proprio schermo nei confronti delle pericolose radiazioni ultraviolette (raggi UV) provenienti dal sole.
Ogni anno, durante la primavera dell’emisfero australe, la concentrazione dell’ozono stratosferico nell’area situata in prossimità del Polo Sud diminuisce a causa di variazioni naturali circa del 70%, mentre nell’emisfero boreale diminuisce del 30% circa.
La mancanza di insolazione durante la lunga notte polare, tende a far diminuire la concentrazione di ozono all’interno di aria molto fredda che viene isolate dai forti venti associati al VP.
Di conseguenza si assiste ad un’assotigliamento dello strato di ozono.
Dunque lo strato di ozono all’interno della stratosfera, diviene più spesso proprio sopra il polo rispetto alle altre latitudini, questo perchè il maggior irradiamento solare durante il lungo giorno polare, ne favorisce la formazione.
L’ozono viene prodotto dall’ossigeno molecolare in presenza di radiazione UV.

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La formula matematica:
UV (hv)=<240nm (nanometri)
O2+hv=2O
O+O2+M=O3+M
3xO2+hv=2xO3

Purtroppo, a causa degli inquinanti rilasciati in atmosfera, sin dalla metà degli anni settanta questa periodica diminuzione è diventata sempre più grande, tanto da indurre a parlare del fenomeno come del “buco dell’ozono”. Recentemente si è comunque individuato un assottigliamento della fascia di ozono anche in una piccola zona al polo Nord, sopra il Mare Artico, fatto che potrebbe preludere alla formazione di un altro buco dalla parte opposta.
In effetti il fenomeno non rappresenta nient’altro che l’aspetto più evidente della generale e graduale diminuzione dell’ozono nella stratosfera.

Il problema è estremamente importante in quanto una riduzione dell’effetto schermante dell’ozono comporta un conseguente aumento dei raggi UV che giungono sulla superficie della Terra.

Variazioni in questo senso possono essere anche associate alle variazioni cicliche dell’attivitâ solare, infatti durante le fasi magnetiche più attive l’irradiamento dei raggi UV che raggiungono la stratosfera può aumentare del 16% arrecando una certa influenza sull’andamento zonale dei venti su larga scala.

È pure vero che variazioni dell’attività magnetica solare possono essere osservate anche dallo stato della magnetosfera e di conseguenza della ionosfera, nulla di strano considerando che la magnetosfera è il risultato dell’interazione del vento solare e del campo geomagnetico terrestre, mentre la circolazione generale del plasma all’interno della ionosfera è strettamente connesso con la circolazione magnetosferica.
Di conseguenza variazioni dell’attività solare possono avere profonde influenze sillo stato della magnetosfera e di conseguenza anche della circolazione ionosferica (sovente misurabile già solo con lo sviluppo di uno strato ad alta concentrazione ionica: Es).

-Un altro fattore che può fortemente influenzare le temperature è l’estensione stessa dei ghiacci e dei territori innevati, in quanto ad un maggior innevamento o ad una maggiore estensione dei ghiacci corrisponde una maggior riflessione della luce solare favorendo così l’accrescimento del freddo.

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Viceversa una minor estensione dei ghiacci ed un minor innavamento del territorio favoriscono ad una minor riflessione dei raggi solari, questo favorisce un accentuazione del processo di riscaldamento.

-Piccole variazioni della composizioni chimica dell’atmosfera: oggi si tende ad associare gli attuali cambiamenti climatici quasi unicamente alle variazioni dei gas serra, che attualmente tendono in parte ad aumentare anche grazie alle attività umane , un aumento che viene anche favorito dai grossi incendi boschivi.

Tuttavia il CO2 è prevalentemente regolato dagli oceani, è noto infatti che gli oceani più sono caldi, più possono rilasciare Anidride Carbonica nell’atmosfera, dal canto suo anche il metano benchè lo si riscontra in quantità nettamente inferiori nell’atmosfera è centinaia di volte più efficace nel trattenere l’energia termica che dal sole giunge alla terra.

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Il metano viene trattenuto prevalentemente nel Permafrost alle alte latitudini e alle alte quote, quando in seguito ad un riscaldamento climatico il Permafrost si scioglie, rilascia questo gas che come il CO2 tende ad aumentare il processo di riscaldamento.

Non da meno importanza sono quelle variazioni che riguardano le concentrazioni del vapore acqueo all’interno dell’atmosfera, un’atmosfera più calda può contenere una maggiore concentrazione di vapore acqueo che come gas serra tende maggiormente a trattenere parte del calore che dal sole giunge al suolo, allo stesso tempo tende ad aumentare la portata delle precipitazioni, un fatto che potrebbe costituire uno di quei fattori di Feedback negativo, ossia favorendo un inversione di tendenza.

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La  soluzione più probabile resta comunque il fatto che l’incremento delle precipitazioni in corrispondenza all’attuale riscaldamento globale, non siano sufficienti a contenere l’inanamento delle temperature globali, creando così una reazione incontrollabile, con il conseguente aumento sia della frequenza che dell’intensità di fenomeni alluvionali.

Viceversa durante un processo di raffreddamento climatico, l’atmosfera può contenere sempre meno umidità il che comporta di conseguenza ad una diminuzione del vapore acqueo, che tende dunque a trattenere meno il calore sulla terra.

A  quest’ultimo processo può equivalere ad una diminuzione delle precipitazioni anche nevose, con il conseguente potenziale di poter contenere la variazione climatica in corso.

-La conformazione orografica del territorio che gioca un ruolo importante su molti processi di natura meteorologica, inoltre è in grado si influenzare la circolazione dei venti anche su varsa scala.

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Glaciazioni potrebbero essere state favorite o  innescate dal lento e inesorabile sollevamento di grossi sistemi montuosi (Alpi, Himalaya, Ande, Caucaso, ecc..ecc..) che potrebbero aver alterato profondamente il normale corso della circolazione atmosferica, la conformazione orografica del territorio ha inoltre condizionato fortemente le dinamiche di una variazione climatica come quella di una glaciazione.

Sono tutti fattori che possono regolare quella che è il grande meccanismo climatico tra cause ed effetti.

I principali protagonista degli attuali cambiamenti climati, resta secondo me il sole, anche se nella storia climatica del nostro pianeta vi sono stati altri fattori che hanno avuto un ruolo determinante.

 

Flavio Scolari

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