L’IPCC conferma il Global Warming

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Il nuovo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), frutto del lavoro di quasi 2500 esperti, conferma quanto il riscaldamento climatico, sia un dato inequivocabile ed abbia raggiunto valori, senza precedenti in almeno 125 milia anni. Il rapporto presentato a Stoccolma, conferma inoltre le responsabilità delle attività umane come causa principale dell’attuale variazione climatica, principalmente attraverso l’uso dei combustibili fossi, l’agricoltura e la deforestazione. Secondo il rapporto, con una probabilità che va dal 95% al 100%, dunque con una probabilità estrema, la forzante antropica è prevalente e responsabile almeno del 50% sull’attuale riscaldamento globale, mentre con una certezza assoluta, le nostre attività influiscono sul clima sopratutto attraverso le emissioni di CO2. Le concentrazioni in atmosfera dei tre principali gas ad effetto serra, quali ossido di azoto, metano e anidride carbonica, sono aumentate a partire dal 1750, segnando un aumento del 40% per quanto riguarda l’anidride carbonica (CO2). In sostanza tra il 1880 e il 2012, la temperatura media globale, che comprende le terre emerse e la superficie degli oceani, è cresciuta di 0,85° Celsius e alcune variazioni climatiche verificatesi dopo il 1950, sono senza precedenti su una scala temporale che va dalle decine di anni ai millenni, per quanto riguarda l’aumento dei livello del mare, l’intervallo di tempo utilizzato è differente, ma il succo del discorso non cambia, dal 1901 al 2010 è cresciuto di 19 centimetri. Le proiezioni per quanto riguarda il futuro non sono rosee, si stima che entro la fine del secolo attuale, le temperature medie globali, aumenteranno di almeno 1,5° Celsius oltre il periodo di riferimento 1850-1900, ma senza iniziative mirate alla mitigazione e sopratutto alla riduzione delle emissioni globali di gas ad effetto serra, l’incremento delle temperature medie globali, nelle migliori delle ipotesi potrebbe superare i 2°, ma potrebbe arrivare addirittura a superare i 5° Celsius. Il livello dei mari aumenterà entro la fine del secolo, si stima di 40-64 centimetri stando alle migliori delle ipotesi, mentre stando ad altri modelli meno rosei, potrebbe anche aumentare di almeno 82 centimetri.

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Impensabile che tutto ciò non possa avere un impatto sull’ambiente e per l’umanità stessa in futuro, con un aumento delle temperature medie globali di 2° Celsius, quasi un milione di persone dovrebbe confrontarsi con la carenza di acqua, in aggiunta alle 1,3 miliardi di persone, che già oggi si confrontano con questo grosso problema. Inoltre continuerebbe a verificarsi la perdita di biodiversità delle specie animali e vegetali. Ma tali conseguenze non si verificherebbero contemporaneamente in tutto il pianeta, vi sono aree che risentirebbero degli effetti prima di altre, le aree che prima risentirebbero degli effetti nefasti della carenza idrica sarebbero i paesi medio Orientali, del Nord Africa, dell’Europa Meridionale e gli Stati Uniti Sud Occidentali. Con un aumento di 5° Celsius le conseguenze sarebbero ben più gravi e a risentire della scarsità delle risorse idriche, sarebbe il 13% della popolazione globale, al quale si aggiungerebbe un sostanziale spostamento delle fasce climatiche e un aumento del livello dei mari che potrebbe ricoprire aree costiere oggi densamente popolate.

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Alla base di tali proiezioni e del rapporto stesso, tra i vari Blog in rete, giungono commenti molto critici riguardo alla valenza stessa di tale rapporto, facendo molto riferimento a molti aspetti che secondo loro proverebbero la non veridicità di ciò che affermano gli scienziati, il fatto che in altre epoche geologiche sia stato più caldo rispetto adesso, il fatto che il vapore acqueo è un gas ad effetto serra più efficace della CO2, al fatto che negli ultimi anni abbiamo superato di poco il picco massimo del 1998, al fatto che in alcune regioni si verificano maggiori precipitazioni nevose e al fatto che in quest’ultimo anno, quello del 2013 che ancora non è terminato, si è verificato un aumento dell’estensione dei ghiacci. Anche il fatto che non si ha avuto una riduzione sostanziale dei ghiacci marini Antartici, spesso erroneamente è presa come prova a sfavore del Global Warming.

-Inanzitutto però è bene sottolineare, che una variazione climatica come in questo caso il Global Warming, va osservata nell’arco di almeno 30 anni su scala globale, prendendo in riferimento l’andamento climatico che si verifica nell’arco di tutto l’anno, in tal senso il fatto che in alcune località si siano avuti inverni più freddi o nevosi rispetto ad annate precedenti, non smentisce affatto il riscaldamento globale. Per contro maggiori precipitazioni nevose che si verificano alle alte latitudini in inverno, sono favorite non da temperature medie particolarmente basse, ma tanto più dalle maggiori precipitazioni in un atmosfera mediamente più calda e dunque più ricca di vapore acqueo. Inoltre la riduzione di ghiaccio marino alle alte latitudini durante la bella stagione, favorisce un maggior accumulo di calore, calore che viene rilasciato più gradualmente a inizio inverno, favorendo un inalzamento del geopotenziale sul polo, di conseguenza la discesa di aria fredda alle medie latitudini in presenza di maggiori scambi meridiani. L’andamento di una singola stagione in sé, resta comunque insignificante in relazione a ciò che concerne il riscaldamento climatico globale.

-Il vapore acque è effettivamente un gas ad effetto serra molto più efficace della CO2, ma con tempi di permanenza nettamente inferiori, dunque è un feedback. Ogni variazione climatica si manifesta per mezzo dei feedback, questo ora come un tempo, i climatologi danno un’importanza fondamentale al ruolo dei feedback sul clima, in quanto sono quest’ultimi a giustificare l’ampiezza di qualsiasi variazione climatica. Ma se si vuole cercare la causa scatenante una variazione climatica, i feedback non possono esserlo, in quanto restano la logica conseguenza di un processo già in corso. Ad esempio in presenza di un atmosfera mediamente più calda, si hanno concentrazioni di vapore acqueo mediamente più elevate. Un po’ come l’effetto albedo, anche questo è un feedback positivo in quanto amplifica la variazione climatica, ma non è possibile che sia la causa scatenante la variazione climatica in quanto una coltre di ghiaccio, non sparisce per caso, resta la logica conseguenza di una variazione climatica.

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-Il riscaldamento globale è la somma di tutte le anomalie termiche misurate in almeno 30 anni, ciò non significa che sempre e ovunque fa più caldo dell’anno precedenti, vi possono essere aree con temporanee diminuzioni delle temperature medie, ma di gran lunga le anomalie termiche positive, superano e di molto, quelle negative su scala globale. L’Antartico inoltre gode di particolari caratteristiche climatiche essendo un continente centrato sul polo e completamente circondato dagli oceani e di per se non sorprende gli scienziati il fatto che in quest’area, si abbia un estensione di ghiaccio marino abbastanza stabile in quanto il ghiaccio che fonde nell’entroterra, getta in mare acqua dolce e fredda favorendo così la formazione del ghiaccio superficiale marino, di per se comunque molto sottile.

-Quest’anno l’Artico vede una maggior estensione di ghiaccio marino rispetto all’anno precedente, ma questo non smentisce la triste tendenza in atto in quanto nessuno afferma che l’estensione del ghiaccio, debba ogni singolo anno essere per forza inferiore rispetto all’anno precedente, in questo caso si tratta comunque di ghiaccio annuale, molto sottile e dunque “vulnerabile”, ma la tendenza per quanto concerne il volume complessivo che si misura anche attraverso lo spessore, è sempre al ribasso e si stima che entro i prossimi decenni, sarà destinato a sparire completamente in estate, nella peggiore delle ipotesi, questo potrebbe verificarsi già tra alcuni anni.

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-È vero che in passato, in altre epoche geologiche, era molto più caldo rispetto adesso e le concentrazioni di CO2 erano anche superiori a quelle attuali, basti pensare al caldo periodo Eocenico, fino a circa 35 milioni di anni le concentrazioni di CO superarono probabilmente i 1800 ppm e le temperature medie globali erano molto superiori a quelle attuali, le regioni polari godevano di un clima più temperato, simile a quello attuale alle medie latitudini, mentre alle nostre latitudini, si godeva di un clima tropicale, ma in problema non è questo. Oggi il clima è particolarmente sensibile all’aumento della CO2 proprio perché abbiamo concentrazioni nettamente inferiori rispetto ad altre epoche geologiche, in quanto è risaputo che un raddoppio delle concentrazioni delle CO2, senza considerare i feedback, comporta un aumento medio delle temperature terrestri, di circa 1°C. Ovviamente nessuno afferma che la CO2 sia l’unica forzante, anche l’attività solare, l’indice ENSO e altre forzanti naturali influiscono sulle temperature globali, dunque non sorprende che anche prima dell’era industriale, si potessero avere aumenti delle temperature medie terrestri come durante optimum medievale, benché in quel periodo il riscaldamento climatico riguardò sopratutto alcune aree, come la Groenlandia e l’Europa, ma globalmente parlando, abbiamo oramai superato quella fase “calda”. Oggigiorno l’aumento della CO2 in atmosfera, tende in parte a schermare l’influenza indotta dalle altre forzanti e si può anche calcolare di quanto. L’attività solare, secondo le migliori delle ipotesi potrebbe spiegare 0,2°C, su 0,8°C degli ultimi decenni, praticamente ben che vada un 20%, non dico che sia poco, ma certamente non è il fattore più influente, anche l’indice ENSO incide, ma sia l’attività solare e soprattutto l’indice ENSO influiscono in un lasso di tempo relativamente ristretto. In riferimento proprio al 1998, si ebbe un NINO particolarmente intenso che favorì un picco massimo delle temperature globali molto pronunciato, tuttavia nel corso degli anni successivi fino ad arrivare ad oggi, tra  alti e bassi, pur in presenza negli ultimi anni della prevalenza della NINA e di una bassa attività solare, siamo comunque arrivati a raggiungere e a superare anche se di poco, quel picco massimo del 1998. Negli ultimi anni si ha avuto solo un rallentamento del Global Warming, non un arresto e men che meno un calo delle temperature globali, tale rallentamento del Global Warming è probabilmente stato favorito da alcune forzanti naturali, favorevoli al ribasso delle temperature, che tuttavia non sono riuscite a contrastare l’effetto delle emissioni di CO2.

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Da qui nessuno promette una terra diverrà in futuro come Venere, probabilmente una volta che verrà a scemare la nostra influenza per mezzo delle nostre attività, il clima si riequilibrerà come già accaduto in passato quando si ebbero grosse variazioni climatiche innescate ad esempio dai trappi vulcanici, ma questo può avvenire nell’arco decine o addirittura centinaia di migliaia di anni. Il problema oggigiorno è inoltre l’entità della variazione climatica, 1,3°C in pochi secoli di qui 0,8°C in pochi decenni, è una variazione climatica estremamente rapida, questo non è neppure paragonabile dalle più grandi variazioni climatiche avvenute in altre epoche geologiche, ovvio vi furono periodi molto più caldi rispetto a quello attuale, ma il clima variava in tempi nettamente maggiori, questo è impensabile che non possa ripercuotersi sull’ambiente, sulla vegetazione e sulla fauna dove alcune specie hanno troppo poco tempo per potersi adattare alla variazione climatica in atto. Affermare che la concomitanza delle attuali variazioni climatiche combinato con altri fattori, come ad esempio lo sfruttamento delle risorse combinato con qualche pandemia o altre cause, possa in linea teorica, giustificare in futuro la comparsa della nostra specie, non è poi così paradossale come spesso si tende a credere!

Rapporto dell’IPCC

Piccolo documentario sui cambiamenti climatici, dall’ultimo rapporto dell’IPCC:

Gruppo di lavoro sul cambiamento climatico 2013

Flavio Scolari

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