Cambiamento climatico

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Spesso si usa il termine CO2 per definire l’inquinamento, senza precisare che è sottointeso come fattore in grado di interagire sul bilancio radiattivo. Non che sia un gas nocivo per l’essere umano in questo senso talvolta invece viene addirittura confuso come un elemento chimico artificiale, cosa che invece non è assolutamente vera. Èq un gas naturale indispensabile per la vita stessa e in passato si avevano concentrazioni anche molto più elevate, e la vita stessa era forse ancora più foriera rispetto ai nostri giorni. Questo tuttavia viene preso in considerazione dalla comunità scientifica che in passato vi furono periodi con concentrazioni di CO2 molto più elevate rispetto ad oggi, tuttavia non bisogna dimenticare che la temperatura globale aumenta di circa 1°C raddoppiando le concentrazioni della CO2 in atmosfera, di conseguenza il sistema climatico certamente ora proprio perchè rispetto ad altre ere geologiche presenta concentrazioni molto inferiori, risulta essere molto sensibile all’aumento della CO2 che dunque diventa più determinante di altri fattori come l’attività solare, questo putroppo spesso, anzi, troppo spesso, viene sottovalutato, ecco perchè durante secoli e millenni fa in presenza di concentrazioni relativamente ma stabili della CO2, risultavano essere più determinanti altri fattori, insomma rispetto a millenni fa sono cambiate le condizioni e la sensibilità del clima all’aumento della CO2. Con questo nessun modello scientifico vede una terra dalle sembianze di venere in futuro, proprio perchè subentrerebbero alcuni feedback negativi lenti in grado di rimuovere CO2 dall’atmosfera come accadde alla fine del caldo periodo Eocenico ma in un’arco di tempo molto grande, di decine di migliaia di anni attraverso un aumento dell’erosione delle rocce silicee in grado di rimuovere la CO2 dall’atmosfera e depositarla nei sedimenti oceanici anche attraverso un’aumento della biosfera marina, la CO2 si trasforma in carbonato (tra qui anche carbonato di calcio) di qui gli schelettri di buona parte della biospfera marina ne sono composti, dopo la morte di questi elementi, il carbonato si deposita sui fondali marini, questo è un mezzo efficace, forse l’unico veramente in grado di rimuovere definitivamente la CO2 dall’atmosfera. In natura la CO2 presenta un ciclo molto grande regolato anche dalla solubilità stessa della CO2, in pratica l’aumento delle temperature atmosferiche, produce un aumento dell’erosione delle rocce silicee, la CO2 atmosferica a contatto con rocce silicee o calcaree e dolomiti degrada formando carbonati che vengono poi trasferiti agli oceani per mezzo della idrosfera (attraverso i fiumi), la CO2 presente nell’atmosfera può passare e disciogliersi nelle acque dove formerà ioni di bicarbonato. Lo ione carbonato in acqua in presenza di calcio, forma il carbonato di calcio, grazie alla bassa solubilità di quest’ultimo elemento e agli organismi viventi marini “che si contruiscono” gli schelettri in carbonato di calcio, si forma una sorta di pompa oceanica in grado di rimuovere definitivamente la CO2 dall’atmosfera per depositarla in forma di carbonato nei sedimenti oceanici. Attraverso lentissimi movimenti di subduzione il carbonio dei sedimenti oceanici viene riportato negli strati superficiali del mantello terrestre per essere riemesso sottoforma di CO2 dall’attività vulcanica e geotermica. I feedback sono fondamentali, anzi determinanti per qualsiasi variazione climatica (questo ovviamente anche in passato), ma non bisogna sottovalutare il fatto che i feedback positivi hanno tempi di risposta ad una variazione climatica inferiori rispetto ai feedback negativi, di conseguenza sia quelli rapidi che quelli che si manifestano secondariamente in tempi maggiori, i feedback positivi sono più rapidi di quelli negativi. I feedback sono dei fattori fondamentali di ogni variazione climatica, solo considerando il fatto che il ciclo delle glaciazioni può essere regolato da forzanti (cicli di Milankovic) che comportano variazioni molto lievi dell’entità delle stagioni tra le diverse latitudini, di fatto pur spiegando il verificarsi del ciclo delle glaciazioni come fattore scatenante, non può assolutamente spiegare l’ampiezza della variazione climatica stessa, derivante dai feedback (CO2 1/3 mentre effetto albedo 2/3), anche attualmente se la CO2 è una forzante, i feedback derivanti tra qui anche l’aumento del vapore acqueo, sono fondamentali per spiegare la variazione climatica derivante, insomma il clima è molto più sensibile di quanto si è talvolta portati a credere. Il problema oggigiorno non è tanto l’entità della variazione climatica, ma tantopiù la velocità con qui si manifesta, il fatto che con una variazione climatica rapida, si ha di conseguenza un rapido spostamento latitudinare delle fasce climatiche, tale da non consentire un adattamento ad alcune speci vegetali, di conseguenza si creano rotture nelle catene alimentari e l’estinzione di alcune speci anche animali.In sostanza una variazione climatica comporta inevitabilmente ad uno spostamento latitudinare delle fascie climatiche (e sucessivamente della vegetazione e della fauna), questo non significa che tra pochi anni da un momento all’altro non pioverà più sul Sud Italia, ma che queste diverranno tendenzialmente più irregolari, il che comporta di fatto ad un impoverimento del suolo. In poche parole un effetto non del tutto diverso anche se in tempi molto maggiori di quanto comporta il normale decorso delle stagioni tra estate e inverno in un determinato emisfero, con una conseguente variazione latitudinare delle fascie climatiche, con questo non significa che anno dopo anno pioverà meno rispetto all’anno precedente, il discorso appunto è relegato allo spostamento medio delle fascie climatiche, ma in un contesto molto più lungo, non di pochi anni. Anche se durante gli anni ’90 abbiamo avuto qualche annata secca, dall’inizio del 2000 abbiamo avuto alcune annate più piovose della media, mentre l’anno scorso e quest’anno per ora sono siccitosi, ma queste sono oscillazioni climatiche più cicliche che si verificarono anche gli scorsi decenni e dipendenti dalla variazione ciclica di alcuni indici climatici, tra qui l’indice ENSO. Tuttavia una variazione climatica inevitabilmente comporta in maniera proporzionale ad una variazione della posizione latitudinare delle fascie climatiche, di conseguenza della posizione latitudinare media della corrente a getto e della cella di Hadley che nel Mediterraneo tenderà a divenire tendenzialmente e mediamente parlando più invadente, un fenomeni piuttosto analogo a quello che accade durante l’estate rispetto al periodo invernale ma in tempi molto più lunghi, di diversi decenni, per desertificazione del Sud Italia e dell’Europa Meridionale in generale si intende proprio questo processo. Qual’è il dubbio che vi è all’interno della comunità scientifica? Il fatto che il CO2 influenzi sul bilancio radiativo e dunque sul clima, non viene smentito da nessuno scienziato, così come il fatto che l’attività solare, l’indice ENSO e le eruzioni vulcaniche, sono le principali forzanti che determinano le oscillazioni climatiche, il GW va osservato in un trend entro un lasso di tempo molto più grande (di decenni), il dibattito sta su quale fattore incida maggiormente su questo trend climatico a lunga scadenza, se sia prevalentemente indotto dalle emissioni di CO2 (97% dei climatologi) o se sia prevalentemente indotto da cicli solari cosidetti lunghi (3% dei climatologi). Anche in passato vi furono rapide variazioni climatiche, di conseguenza si crearono estinzioni di massa. A creare l’estinzione dei dinosauri, più che l’impatto cometale che avvenne con un certo anticipo rispetto all’estinzione dei dinosauri, quest’ultima sembra meglio coincidere con l’Eruzione del trappo DECCAN, in sostanza un impatto cometale potrebbe aver scatenato un’enorme eruzione vulcanica basaltica, che se inizialmente ha provocato un inverno vulcanico, poichè la parte iniziale dell’eruzione fu essenzialmente peleiana, sucessivamente potrebbe aver favorio un aumento delle temperature in seguito all’emissioni di CO2 in seguito ad una colossale e lunghissima (millenni) eruzione basaltica, in seguito sarebbero subentrati i feedback cosidetti lenti, che avrebbero provocato variazioni climatiche “troppo” rapide, esempio attraverso il rilascio di CH4 dai sedimenti oceanici e di CO2 dallo scioglimento del permafrost. Consideriamo che dal termine del caldo periodo Eocenico si sono accumulati enormi quantità di metano nei sedimenti e il permafrost contiene ingenti quantità di metano e CO2, che potrebbero essere rilasciati in atmosfera esattamente come avvenne in passato, favorendo una variazione climatica insostenibile per alcune speci vegetali e dunque anche animali, sopratutto per quanto riguarda il lungo termine il principale rischio resta la CO2, poichè il CH4 anche se si possono avere importanti riserve negli idrati di metano, in parte degradano in CO2 e si dimezzano ogni 10 anni, in un certo senso il metano e la CO2 (come già ero al corrente) sono correlati. Un rilascio di metano come possibile risposta alla variazione climatica in sostanza non farebbe che aggravere il processo in corso (feedback), ma non sarebbe il fattore determinante per una variazione climatica, mentre l’effetto serra fuori controllo potrebbe darlo piuttosto la CO2 combinato con l’aumento del vapore acqueo in risposta all’aumento delle temperature (feedback positivo). Il ciclo delle principali estinzioni di massa in passato concidevano proprio con l’eruzione di Trappi vulcanici in grado di ricoprire vastissime aree di basalto e con esso emettendo gas serra, provocare una variazione climatica rilevante, amplificata successivamente dai feedback derivanti, un evento analogo ovviamente si potrebbe ripresentare in futuro, ossia in un lontano futuro queste enormi eruzioni basaltiche potrebbero ripetersi, in sostanze l’attività stessa delle faglie, coincide con i periodi climatici più caldi nella storia della terra, lunghissimi periodi entro le quali non si verificavano glaciazioni, ovviamente altri fattori come la disposizione dei continenti permette il verificarsi delle glaciazioni, poichè è impensabile che si possano verificare glaciazioni in assenza di terre emerse alle alte latitudini. Di eruzioni vulcaniche ve ne sono varie tipologie, se quelle peleiane hanno maggior potere raffreddante, quelle laviche hanno un effetto inverso, le eruzioni basaltiche di gran lunga hanno maggior effetti di provocare un riscaldamento climatico, poichè l’effetto principale è quello di emettere enormi quantità di CO2, queste eruzioni possono durare appunti millenni e ricoprive vastissime aree paragonabili all’Europa centro-Occidentali di una spessa coltre di basalti, questo tipo di eruzioni presenta una certa ciclicità e oggigiorno non se ne verificano di rilevanti, le principali eruzioni di questo tipo le si riscontra lungo le linee di frattura delle placche tettoniche, come quella della dorsale Atlantica. Lo smembramento delle placche provoca una maggior attività delle faglie e viceversa (ciclo dei supercontinenti), ovviamente non va sottovalutata la disposizione dei continenti e le variazioni della luminosità solare che è aumentata da quando sono comparse le prime fore di vita, rispetto a 2 miliardi di anni fa circa del 30%, in tempi lunghissimi il sole, la disposizione delle terre emerse e la composizione chimica dell’atmosfera sono i fattori più determinanti. Da un punto di vista puramente climatico e ambiantale, credo che adottare misure per ridurre l’inquinamento, sia sicuramente positivo non solo per il clima, ma anche per l’ambiente e per la nostra salute. Infatti è pure vero che una variazione climatica importante in un lasso di tempo climaticamente parlando molto breve, effettivamente potrebbe comportare ad una destabilizzazione sociale, dai circa 11000 anni or sono dopo il disgelo dell’ultima grossa glaciazione del Pleistocene, la relativa stabilità climatica successiva rese possibile un rapido sviluppo sociale dell’essere umano con la nascita delle prima civiltà, stabilità sociale che tuttavia in futuro potrebbe essere messa a dura prova proprio a seguito di una rapida variazione climatica, l’inalzamento stesso dei mari, l’impoverimento del suolo in alcune aree potrebbe in futuro provocare lo spostamento di grosse masse di persone, in futuro l’uomo sopportò addirittura grosse glaciazioni adattandosi abbastanza bene alle estreme condizioni climatiche allora presenti, a seguito di un riscaldamento climatico è altrettanto plausibile che l’uomo possa adattarsi anche meglio rispetto ad un periodo di grande gelo, ma se un tempo la popolazione era di qualche miione di individui, come sarà l’impatto di 7.050.800.000 individui odierni “in risposta” ad una rapida variazione climatica globale?

Flavio Scolari.

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